13/08/10

http://casasonaglia.blogspot.com/

TRASLOCO!!!

Comunichiamo a tutti gli Amici che ci hanno seguiti nei Nostri Blog fino a questo momento, che Roberto e Samanta Sonaglia hanno finalmente traslocato nella loro Nuova Casa!

Il Blog, sul quale abbiamo trasferito tutti i post pubblicati su California Robi, California Samy, California Living, e sul quale d’ora in poi pubblicheremo le nuove cose, si chiama semplicemente CALIFORNIA, e lo trovate a questo url:

CALIFORNIA - Casa Sonaglia

Vi aspettiamo nella Nuova Casa per offrirvi ancora tanti momenti colorati in VerdeOro e Rosso, come la Passione che lega i due Sposini/Autori.

A rivederci in Casa Sonaglia!!!

Robi & Samy

05/08/10

Magic Waters - Epilogo

MW Epilogo

- Quindi tu sapevi che Kim è una Sirena?

Gabe e Grace erano rimasti in piedi di fronte al mare, osservando quanto accadeva sulla Terra, attraverso la magia che permetteva alle immagini di eventi in corso sul pianeta di riflettersi tra le onde dell'Oceano che bagnava la Spiaggia Bianca.

- Si, l'ho sentito dalla prima volta che ho incontrato quella ragazza. C'è un legame telepatico tra tutti noi figli del mare, come ben sai.

Gabe appariva pensoso, qualcosa non era ancora chiaro nella sua mente - Ma allora come mai lei non l'ha avvertito, quel legame?

- I poteri sono completamente sviluppati solo quando un atlantideo è consapevole della propria natura. Kim doveva ancora scoprire di esserlo.

- Avrà una bella sorpresa quando, finita la vacanza, tornerà in sede alla Star-Shaped, e vi rincontrerete! - esclamò l'Arcangelo ridendo.

Grace rise a sua volta - Non ne dubito! Scoprirà di aver lavorato con una sua parente per diversi anni senza saperlo!

Le immagini fra le onde si facevano sempre più indistinte. Quella storia era al suo epilogo, e l'Oceano riprendeva i colori e la consistenza che gli erano propri, lasciando Kim, Max e il discendente di Merlino liberi di vivere il loro futuro.

- Un'altra cosa - riprese Gabe rivolto alla sua ondina - prima hai detto che Chuck potrebbe essere un atlantideo... che in qualche modo lo avverti... però in lui i poteri telepatici sono ben formati, nonostante non abbia alcuna consapevolezza della propria origine.

- Non ti sfugge niente, detective divino, eh? - lo apostrofò ironicamente Gracelyn.

- Innanzitutto faccio il fotoreporter - rispose Gabriel, dandole un affettuoso buffetto sulla guancia - è il mio mestiere! E poi, non dimenticarti che ho il privilegio di fissare il Capo direttamente negli occhi... occhi che vedono, hanno visto, vedranno sempre Tutto.

- Ecco perché mio padre Poseidon lo chiama "Grande Fratello"!

- Veramente lo chiama in molti modi, quando pensa di non essere ascoltato, dimenticando che il Capo, oltre che vedere, sente Tutto! - disse Gabriel scoppiando a ridere.

Grace aveva le lacrime agli occhi dal divertimento - Immagino, conoscendo il caratterino di mio padre! Mi stupisce che il Capo non l'abbia ancora incenerito!

Si stavano abbracciando forte. Era uno di quei momenti che non avrebbero cambiato con nulla al mondo - Il Capo si diverte da morire a sentire con quanta fantasia Poseidon riesce a trovare sempre nuovi epiteti per descriverlo! E' Lui che ha creato il senso dell'umorismo, come ogni altra cosa nell'Universo... comunque, quella cosa di Chuck... come la spieghi?

Grace, facendo uno sforzo non indifferente, tornò seria - Probabilmente entrambi i suoi genitori provengono dal mare. I suoi poteri devono perciò essere così forti che, anche senza la consapevolezza delle proprie origini, in qualche modo si manifestano. Immagina due fuochi che si uniscono dentro una stanza perfettamente sigillata. Il calore è così elevato che deve passare all'esterno, per quanto spesse siano le pareti...

- Interessante - disse Gabriel, accarezzando i capelli della sua amata - e brava la mia maestrina!

Grace si accoccolò nel suo abbraccio. In quel momento non era la direttrice della più importante multinazionale del settore salvaguardia degli oceani, non era la potente figlia dei flutti che aveva sconfitto il Leviatano, non era la super-eroina dai poteri quasi illimitati che proteggeva il pianeta. Era una bimba teneramente abbandonata nell'abbraccio del suo adorato Essere Perfetto.

- Ribadisco - concluse Gabriel, fissando le onde - L'Oceano è molto più complesso del Cielo.

FINE

30/07/10

Magic Waters XII

Magic Waters 12 Robi

Acque magiche

Kim annaspava agitando braccia e gambe nel tentativo di combattere la pressione dell'acqua, trattenendo il respiro più che poteva. Un'impresa disperata, dettata dall'istinto di sopravvivenza più che dalla logica. Infine, nonostante i suoi sforzi, non riuscì più a resistere, e con un ultimo guizzo aprì la bocca, disperando che lei e il suo Max potessero salvarsi. L'acqua le riempì i polmoni in pochi istanti ma, con sua sorpresa, continuava a sentire l'ossigeno fluirle nell'organismo. Subito dopo venne la consapevolezza: una serie di visioni simili a quelle sognate la notte precedente, ma che sapeva fossero ricordi. Percepì la sensazione di avere, al posto delle gambe, una coda pinnata agile e fatta per muoversi nelle profondità marine; abbassando la testa d'istinto si accorse di avere ancora le gambe, ma anche che riusciva a vedere perfettamente nell'acqua, come se i suoi occhi fossero nati per quello; ricordò scene di vita ad Atlantide, comprendendo di averle davvero vissute tramite la sua discendenza da quegli antichi esseri marini; rammentò come i simboli raffigurati sul medaglione trovato in mare, fossero quelli della casata regnante di Atlantide, la sua famiglia. Kim era una figlia degli oceani.

Tutti questi pensieri le attraversarono la mente in frazioni di secondo, lasciando subito il posto a un'altra consapevolezza: se non avesse fatto qualcosa il suo compagno sarebbe morto. Nuotò velocemente verso Max, che si agitava debolmente, sul punto di perdere conoscenza, continuando ad impugnare la spada. Lo afferrò per un braccio, trascinandolo oltre quello che rimaneva delle rocce che avevano formato le pareti della stanza sotterranea, verso la superficie del mare. Mentre risaliva, portando con sé l'archeologo ormai sul punto di perdere coscienza, si stupì della propria forza e dell'agilità con cui si muoveva nell'acqua: trascinare a velocità elevata quel peso non le arrecava alcuna fatica.

Finalmente furono in superficie. Max, dopo aver inalato diverse boccate d'aria a pieni polmoni, iniziava a riprendersi, e una volta giunti a riva riuscì a camminare con le sue gambe, pur barcollando, sempre con la spada stretta nel pugno. Kim invece non mostrava nessun segno di fatica.

- Vi stavo aspettando - sentenziò Don Melville, fermo sulla battigia.

I due ragazzi lo fissarono, stupiti di trovare il loro anfitrione vestito come un mago di altri tempi, con una lunga tunica azzurra che lo copriva dal collo ai piedi, sulla quale erano ricamati segni esoterici con fili dorati. La testa era coperta da un cappuccio, che gli arrivava poco sopra la linea degli occhi. In mano teneva un grosso volume rilegato in pelle.

Max non riusciva ancora a parlare, respirando affannosamente. Kim si rivolse a Don Melville, a chiedere conferma di quello che la sua mente già aveva iniziato a comprendere riguardo gli avvenimenti degli ultimi giorni:

- Non è un caso che sia vestito così... lei sapeva già tutto, vero? E conosce anche il legame che c'era tra Camelot e Atlantide...

- Siamo tutti parte di quel legame - confermò Melville, sorridendo - Sono secoli che viene tramandata la profezia che vi riguarda.

- Quale profezia? - chiese Max, con respiro ancora affannato.

- In realtà non è una, ma sono tante profezie, redatte nei secoli, ma che raccontano tutte le stessa storia. Un tempo quello che vedete laggiù - spiegò Don Melville, indicando il castello che li ospitava - era la sommità dell'isola di Camelot.

- Proprio come è scritto in quei volumi della biblioteca! - esclamò Max.

- Esatto. E in quei documenti c'è anche scritto come Camelot sprofondò nell'oceano, a causa di un cataclisma naturale. E come i suoi abitanti si salvarono, grazie a un patto fatto con il Re dei mari...

- ...Poseidon! - disse Kim, senza esitare.

- Esatto anche questo - ribadì Melville - Quando la Faglia di San Andreas si mosse, molti secoli fa, l'isola di Camelot sprofondò in fondo al Pacifico. Per loro fortuna gli abitanti trovarono un Poseidon ben disposto, che, dopo un patto siglato col loro Re... Re Artù, si, proprio lui (che quindi è di puro sangue messicano, con buona pace di tutti i post-celtici sparsi nel mondo!), concesse loro di vivere, trasformati in tritoni e sirene, nell'Oceano, continuando ad abitare la loro isola ormai sommersa, che nel corso dei secoli le leggende hanno identificato con la mitica Atlantide.

Il Don fece una pausa. Max ne approfittò per chiedere:

- Come mai il castello è rimasto in superficie? E perché le gesta di Artù sono arrivate nel vecchio mondo, in Europa, al punto tale da radicarsi nella cultura anglosassone?

- Prima del cataclisma Artù e una delle figlie di Poseidon si erano incontrati, e innamorati. Ma la loro natura così diversa rendeva impossibile il coronamento della storia. Fu lei a salvarlo dalla catastrofe che colpì Camelot, e a rivelare finalmente a suo padre i sentimenti che provava per quell'umano. Poseidon concesse la propria benedizione a patto che lei rinunciasse alle sue prerogative di sirena e, con il suo uomo, iniziasse la loro vita comune dall'altra parte del mondo, lontani da Camelot e dalle loro genti. Fu così che Artù e la sua sposa andarono nel vecchio mondo, accompagnati dal fedele consigliere di Artù, Merlino, il mio progenitore. Per mantenere il legame con le loro origini, Poseidon gli impose di raccogliere delle pietre da questi fondali, pietre che sarebbero dovute passare di generazione in generazione ai loro discendenti. Questo a rappresentare i medaglioni che ogni abitante delle profondità marine indossa.

- Come nel mio sogno! Anche la Sirena portava un medaglione... questo! - intervenne Kim, mostrando la chiave degli abissi che stringeva in mano.

- Il legame è ancora più stretto, mia giovane amica - sorrise Don Melville - ancora non l'hai capito? Anche tu porti un monile formato da un anello d'oro e una pietra incastonata al centro...

- Le pietre di famiglia... quelle tramandate a ogni primogenito... - mormorò Kim, portando la mano al collo e stringendo quel gioiello che non aveva mai abbandonato dal giorno del suo ventunesimo compleanno.

- Questo significa, mia cara ragazza - riprese Melville - che anche tu sei di stirpe atlantidea. Qualcuno dei tuoi antenati abbandonò le profondità marine per iniziare una vita sulla terraferma... magari per amore, proprio come successe alla Sirena che si unì ad Artù, chi lo sa? Il loro gesto fu imitato nei secoli da molti abitanti di Atlantide, e a ognuno di loro Poseidon impose di portare un monile proprio come il tuo.

- Lei è un discendente di Merlino!? - chiese Max, che aveva seguito tutta la conversazione fra Kim e Melville rimanendo in silenzio - Ma qual è la mia parte in tutta questa storia?

- Non l'hai ancora capito? - fece Melville, sornione - Le profezie sono chiare: i mondi di superficie e sottomarini si sarebbero congiunti di nuovo quando una figlia degli oceani e un discendente di Artù si fossero incontrati in queste acque, innamorandosi. E in quel momento la natura marina di quella figlia dei flutti si sarebbe manifestata, ridandole quindi tutti i poteri di un'ondina.

- Vuol dire... - intervenne Max, stringendo ancora di più la spada nel pugno - vuol dire che io...

- Si, ragazzo. Tu sei quel discendente di Artù di cui parlano le profezie - fissò l'arma che Max teneva in mano - Hai estratto la spada dalla roccia - spiegò sorridendo - Mentre tu - continuò, rivolto a Kim - e ormai ti è ben chiaro, hai nel sangue la linea della casata di Poseidon. Come scritto nelle profezie, vi siete incontrati in queste acque magiche.

La ragazza lo guardò, interrogativa - Che ne è di quel popolo... il mio popolo...

- Il vostro - la corresse Don Melville - anche Max discende da quella gente, la sposa di Artù era una Sirena. Gente che, da questo nucleo originario, si è sparsa per tutti gli oceani, abitandoli, e rendendoli la loro casa. Ora è tempo anche per voi di tornare a casa. Poseidon vi aspetta, per benedirvi, e lasciare che il vostro destino si compia. Un destino scritto da secoli, che è anche il destino degli elementi che compongono la vita su questo pianeta: l'acqua degli oceani da cui entrambi provenite; l'aria turbinosa e il fuoco dei fulmini della tempesta che vi ha fatto incontrare qui, sulla roccia di questo castello che è il vostro castello, quella stessa roccia che ha conservato per secoli Excalibur, la spada di Artù, riportata qui da Merlino dopo la morte del Re, e qui custodita dai discendenti del mago, in attesa che tornasse in mano al suo proprietario. Ora è tua, ragazzo, dopo che l'hai estratta dalla tavola rotonda su cui il tuo antenato fondò la prima grande civiltà della storia moderna!

Max e Kim rimasero in silenzio per lunghi istanti, fissandosi negli occhi, guardando increduli l'imponente struttura del castello che svettava sull'oceano, e che Don Melville aveva affermato fosse loro proprietà, guardando anche il Don con occhi pieni di stupita meraviglia per tutte le magie in cui quelle acque li avevano immersi, cambiando in pochi giorni la loro vita, ridando loro una vita che non sospettavano nemmeno di avere.

Fu Kim a rompere quel silenzio:

- E lei, Don Melville? Che farà ora?

L'uomo sorrise, sotto il cappuccio che gli nascondeva gran parte del viso - Quello che ho sempre fatto. Quello che tutti i miei antenati, a partire dal primo, Merlino, hanno fatto: sono al vostro servizio, miei giovani amici.

25/07/10

Magic Waters XI

Magic Waters 11 Robi

L'ultimo cavaliere

La luce tremolante delle candele rischiarava debolmente il corridoio sotterraneo, aumentando l'atmosfera suggestiva di quel posto. Kim vagava con lo sguardo sulle pareti, coperte di quadri che ritraevano antichi personaggi di varie epoche, i cui tratti somatici lasciavano intuire appartenessero alla stessa linea di sangue.

- Che succede? - chiese Max, osservando l'aria assorta e pensosa con cui la ragazza fissava i ritratti - Stai bene?

- Si... - rispose Kim - è solo che... mi sembra di conoscere questo posto, di esserci già stata...

- Suggestione - esclamò l'archeologo con un sorrisetto - Magari ti ricorda la scena di qualche vecchio film. I sotterranei dei castelli sono tutti uguali!

Kim continuava a seguire la linea progressiva in senso cronologico dei quadri, sempre più assorta. Giunta davanti all'ultimo si bloccò, con un'espressione di stupore sul viso - Accidenti! - disse, fissando il ritratto di fronte a sé - lo sapevo di essere già stata qui... anche se solo in sogno! Questo è il corridoio che ho sognato la prima notte, e questo - continuò, indicando la figura ritratta nel quadro - è il guerriero che ho visto stanotte!

Max avvicinò la candela al quadro, per vedere meglio il personaggio ritratto. Appena la luce colpì la tela, il giovane strabuzzò gli occhi, esclamando:

- Ma... questo sono io! - si avvicinò ancora di più al quadro - O meglio... sono io trasportato nel Medioevo, con tanto di barba e armatura da prode guerriero!

- Ora che ci penso - riprese Kim, parimenti stupita - nel primo sogno il guerriero sembrava voler indicarmi qualcosa, puntando la spada... da quella parte! - concluse, indicando con la mano verso la fine del corridoio, sulla sinistra.

Max voltò la candela in quella direzione, rischiarando il percorso - Che mi venga un colpo! In effetti c'è qualcosa laggiù...

Si precipitò da quella parte, seguito da Kim. In fondo al corridoio c'era una porta di massiccio legno, rinforzata con staffe di ferro arrugginite dal tempo.

- La porta! - esclamò Kim - E' questa la porta da dove ti ho visto entrare, nel secondo sogno. E' proprio lei, non mi sbaglio. Se anche gli altri particolari del sogno sono esatti, dall'altro lato della stanza dietro questa porta dev'esserci un'uscita direttamente nel mare.

Max appoggiò la mano sulla porta, immerso nei suoi pensieri, come seguisse una linea di ricordi provenienti da molto lontano - Non c'è serratura... - mormorava - però... io... - la mano percorse una delle staffe verticali, come mossa da volontà propria, fermandosi su una linea di borchie - Non c'è bisogno di una chiave... si fa così... - toccò le borchie in quella che sembrava una precisa sequenza. Con uno scatto la pesante porta inizio a girare sui cardini, aprendosi lentamente. Max e Kim rimanevano immobili, in attesa, affascinati da tutta quella magia in cui parevano immersi.

Entrarono nella stanza, facendosi luce con le candele, ansiosi di scoprire cosa contenesse quel posto. Era una piccola camera circolare, con le pareti formate da grandi lastre di nuda roccia, poggiate le une accanto alle altre, contenente un unico oggetto, conficcato in una grossa pietra levigata posta al centro della stanza: una spada di foggia antica, ma perfettamente conservata. Quando veniva colpita dalla luce delle candele rifletteva bagliori che somigliavano a scintille di fuoco.

- La stanza del mio sogno! Lì c'è la porta, infatti! - esclamò Kim precipitandosi in quella direzione, prendendo dalla tasca il medaglione che avevano trovato sulla spiaggia - Questa deve essere la chiave per aprirla - continuò, appoggiando il monile sulla serratura per confrontarli - Proprio così, corrisponde esattamente! Fidiamoci delle visioni oniriche, a questo punto, senza cercare una dimostrazione pratica... altrimenti potremmo rischiare di essere sommersi dall'oceano!

Max annuì distrattamente. La sua attenzione era tutta presa dalla spada che spuntava da quella grande pietra rotonda al centro della stanza. Si avvicinò lentamente, continuando a fissare l'elsa dell'antica arma. La linea di ricordi che da qualche minuto si era impossessata della sua mente, ora era un'onda di immagini, sensazioni, visioni che lo travolgevano, delle quali però non riusciva a catturare l'essenza. Come spinto da una forza superiore allungò la mano verso l'impugnatura della spada, afferrandola saldamente e, senza nemmeno pensarci, estraendola dalla sua guaina di roccia.

- Excalibur! - proruppe quasi urlando, mentre agitava la pesante spada sopra la testa - Ora ricordo!

Kim si voltò allarmata - Cosa!? Che hai? Che stai facendo?

- Ricordo tutto! Questa è Excalibur, proprio quella Excalibur! Il manoscritto diceva la verità. Camelot è proprio qui, sotto l'oceano e... - si interruppe pensoso, appoggiando la punta della spada sul pavimento di pietra.

- ...e? - chiese la ragazza aspettando il compagno concludesse la frase. Ma la sua attenzione fu distratta da un rumore sordo proveniente da dietro le pareti, che cominciarono a tremare, come scosse da un'immensa pressione.

I due giovani si fissarono per lunghi momenti, quasi a voler trovare conferma l'uno nell'altro dei propri timori. In risposta a quella muta domanda, le lastre di roccia che formavano le pareti della stanza iniziarono ad aprirsi, e l'acqua dell'oceano cominciò a filtrare, dapprima in sottili rivoli, che si ingrandivano mano a mano che la pressione aumentava.

Kim strinse forte la mano di Max e, prima che riuscisse a pronunciare anche solo una parola, le pareti vennero completamente divelte, e l'acqua li sommerse.

20/07/10

Magic Waters X

MW X

La Profezia

Un urlo improvviso, seguito da passi concitati lungo il corridoio, fecero sobbalzare Don Melville, immerso nella lettura di un vecchio manoscritto.

- Sarà giunto il momento? - mormorò a fior di labbra l'uomo, aggrottando le sopracciglia.

Tornò a concentrarsi sulle righe sbiadite del grande volume poggiato sulla scrivania, ma facendo attenzione a ogni rumore - anche il più piccolo - che provenisse dalle camere adiacenti. Salmodiava il contenuto di quelle pagine come una preghiera sussurrata.

Dalla finestra aperta, un soffio di vento leggero ma insistente smuoveva le tende di lino, che si ingolfavano simili alle ali di un angelo. Il rumore del mare penetrava la semioscurità, rischiarata soltanto dal bagliore della lampada posta sopra lo scrittoio.

Don Melville si alzò lentamente, dirigendosi verso la finestra. Fissò l'oceano, il viso pensoso. Rifletteva sugli ultimi avvenimenti, e il senso delle parole riportate nei libri: forse l'attesa era terminata.

Le onde iniziarono ad incresparsi con sempre maggiore violenza, sollevate da quel vento che ora soffiava più forte, e dalla forza della marea. Melville sorrise, illuminato da un pensiero improvviso. Con due passi tornò allo scrittoio, sfogliando velocemente le pagine, finché trovò quella che cercava. Lesse con attenzione la Profezia, nonostante l'avesse ormai imparata quasi a memoria:

- "Letto di Mare in Tempesta,

Coperto da Sogni Realizzati,

Sospiri di Dio sfumati di Oro antico.

Luce d'Acqua Cristallina,

Che scorre lungo le Vie del Cielo,

Pioggia di Note cantate dall'Aria in Tormenta.

Lama di Sole nutrita dalla Pietra,

Protetta da Rugiada di Schiuma sfuggita alla Marea,

Riflessi colorati di Navi di Cristallo.

Polvere di Luna scheggiata da Fuoco di Magia,

I Prescelti risvegliati dal respiro della Carne,

Arriveranno alla Battigia sulla Cresta dell'Onda."

Mentre leggeva il sorriso sul suo volto si allargava, e una luce gli brillava in fondo agli occhi. Anche se non poteva vedere attraverso i muri, sapeva quello che stava accadendo ai suoi giovani amici. Il sangue cominciava a respirare; presto i Prescelti si sarebbero risvegliati. Perché ormai era sicuro fossero loro i soggetti delle Profezie.


La luce dell'alba filtrava dolcemente tra le tende accostate, accarezzando i corpi nudi distesi sul letto, ancora abbracciati nel sonno. Kim aprì gli occhi, muovendosi con cautela per non svegliare Max. Adorava quel momento del mattino, ancora di più dopo una notte trascorsa in completo abbandono a quell'uomo che già sentiva in qualche modo suo.

- Buongiorno, piccola - il saluto sussurrato di Max, accompagnato da una delicata carezza le procurò brividi di estasi, riportandole alla mente i momenti in cui era stata sua.

- Buongiorno, Cavaliere! - scherzò lei, riferendosi a quel sogno che era stato il prologo alla loro unione.

Max la baciò dolcemente, poi, mettendosi a sedere sul letto, iniziò a guardarsi intorno - A proposito di Cavalieri e stanze segrete... che dici, Sirenella, andiamo a cercare quella del tuo sogno?

Kim annuì, sorridendo. La prospettiva di perlustrare un castello alla ricerca di un luogo nascosto, dopo una notte passata a fare l'amore con un Cavaliere medievale, la faceva sentire come in una favola - Forza, andiamo! Una doccia veloce e sono pronta - esclamò eccitata, saltando giù dal letto, e saltellando allegramente verso il bagno. Il giovane rimase seduto, appoggiando il viso sul palmo della mano, mentre ammirava il seno perfetto della ragazza ancora nuda, che si sollevava e abbassava seguendo i suoi movimenti.


Max controllava i volumi che aveva letto la sera precedente, alla ricerca di quello con le informazioni sulla stanza segreta. Kim, curiosa, vagava per la biblioteca studiando la quantità di libri contenuti sugli scaffali, e sfiorandoli con le dita.

- Mi pare fosse qui... - il ragazzo si grattò la testa scoraggiato - eppure non riesco a trovare la pagina... questi vecchi manoscritti sembrano tutti uguali!

- Bell'archeologo che sei! - disse Kim scherzando - Non riesci nemmeno a distinguere un libro dall'altro - continuava a toccare le pregiate copertine in pelle di quegli antichi volumi, che riposavano sugli scaffali, in cui era contenuta tanta sapienza, e tanta storia. Non era mai stata una grande amante dei libri, tutt'al più leggeva qualche romanzo di quelli che andavano per la maggiore, ma inspiegabilmente in quel momento si sentiva attratta dai tomi che riempivano l'intera stanza. Il titolo di uno di quei libri catturò la sua attenzione. Lo prese, estraendolo dallo scaffale per sfogliarlo, ma prima che potesse aprirlo fece un balzo all'indietro.

- Max! Max! - chiamò stupefatta - Vieni a vedere, corri!

L'archeologo con pochi balzi fu presso di lei, e sul viso gli si dipinse la stessa espressione sorpresa della ragazza: uno degli scaffali si era aperto come fosse una porta, e al di là si vedeva l'ingresso di quello che sembrava un passaggio per i sotterranei del castello.

- Io non ho fatto niente... ho solo preso questo libro! - disse Kim preoccupata dell'eventuale reazione di Don Melville a quello che reputava un danno alla preziosa biblioteca di famiglia.

- Hai fatto bene, invece! Credo proprio sia il passaggio segreto che cercavamo...

- Come ricercatrice sono meglio di te - scherzò la ragazza, rincuorata - e non ho nemmeno la laurea in archeologia!

- Ti prendo come mia assistente, seduta stante - disse Max, ridendo a sua volta - Dai, vieni, vediamo dove porta questo cunicolo.

All'ingresso del passaggio c'era una nicchia nel muro, contenente diverse lunghe candele. Max ne prese una, invitando Kim a fare altrettanto. Dopo averle accese, e scambiato un ultimo sguardo di incoraggiamento, si avventurarono lungo quel tunnel che scendeva verso il basso.

15/07/10

Magic Waters IX

mw9

La Roccia Magica

Come immagini tridimensionali uscite da uno sfondo smeraldo, forme multicolori in movimento e altre, rosso fuoco, azzurro cobalto, giallo ambrato - pesci e coralli, abitanti delle profondità marine - le sfilavano accanto, sbucando dalle rocce massicce che delimitavano un sentiero d'acqua. Muoveva veloce la pinna caudale, ammirando l'unicità di quei fondali, nonostante fossero la sua casa.

Avvolta dalla pressione delle correnti fresche dell'oceano, sentiva ondeggiare il medaglione sul seno nudo, non prestando attenzione alla sensazione familiare del contatto metallico sulla pelle, concentrata a raggiungere il luogo dell'incontro.

Lentamente dallo schermo smeraldino fatto d'acqua, immagini sfuocate diventavano sempre più limpide e definite: strade, edifici, torri. La città. La consueta animazione di sirene e tritoni popolava gli spazi, rendendo quella visione piena di vita. Si mosse velocemente, agitando con vigore la pinna, diretta verso la formazione rocciosa che delimitava i confini della città, dalla quale si ergevano imponenti colonne che sparivano nel loro slancio verso la superficie dell'oceano.

Lasciata alle spalle l'animazione cittadina, si ritrovò di nuovo immersa nel silenzio placido e avvolgente delle correnti. Arrivò a ridosso delle rocce e si fermò, mantenendo la posizione con abili movimenti della pinna. Sfilò il medaglione dal collo e lo avvicinò ad una fessura quasi invisibile fra le pietre. Introdusse il gioiello nella fessura e, con un rumore sordo, attutito dalla pressione dell'acqua, parte della scogliera si aprì, rivelando il passaggio tra il suo mondo e quello di superficie.

Entrò senza indugi, e la roccia si richiuse alle sue spalle. Bilanciandosi per un attimo sulle gambe, che avevano preso il posto della pinna caudale, avanzò lungo il tunnel che portava alla stanza della Roccia Magica. Ora avvertiva il soffio fresco dell'aria che le pizzicava la pelle nuda, facendola rabbrividire.

Giunta sulla soglia della stanza sbatté le palpebre per abituare gli occhi a quelle condizioni di luce, e alla secchezza dell'aria che riempiva il piccolo locale. Era una camera circolare, scavata nella scogliera, illuminata da due torce poste sulle pareti. Al centro campeggiava una roccia massiccia e levigata, probabilmente lavorata dalla mano dell'uomo. Dietro la roccia, dalla parte opposta da dove era entrata, con le spalle imponenti rivolte ad una porta di legno rinforzata in ferro e chiusa, un guerriero in armatura rimaneva immobile come se l'aspettasse.

Avanzò per nulla spaventata da quella visione, che a sua volta si avvicinò alla roccia centrale, sollevando e brandendo una pesante spada. Con un movimento lento il guerriero afferrò l'elsa con entrambe le mani, e la infilò nella pietra grigia e levigata. Fissandola e indietreggiando di qualche passo, iniziò a togliersi il pesante elmo, fino a scoprire il suo volto.


- Max! Max!!!

Al sentire urlare il suo nome, l'archeologo si svegliò di soprassalto, cercando di capire da dove venissero quelle grida allarmate. Riprendendosi dallo stordimento del sonno, riconobbe la voce di Kim e, senza perdere tempo, saltò giù dal letto e uscì dalla stanza, superando con pochi passi il tratto di corridoio che lo separava da quella di lei.

Entrò e corse verso il letto, dove la ragazza rimaneva immobile, seduta con la schiena contro il cuscino, che continuava a urlare il suo nome.

- Kim! Riprenditi! Che hai? - la incitava scuotendola.

- Il guerriero... il medaglione... tu! - mormorò Kim, girando gli occhi fino a incrociare quelli di lui - Max? Che ci fai qui?

L'archeologo, tranquillizzato, sedette sul bordo del letto - Mi hai chiamato tu... o meglio, urlavi il mio nome come se ti stessero ammazzando! Hai avuto un incubo?

Kim si passò una mano tra i capelli, ancora confusa - Un incubo? Non proprio, però... ricordi il mio sogno di oggi pomeriggio? Quello del guerriero in armatura?

Max annuì, e la ragazza gli raccontò quella strana avventura onirica, in cui, come una sirena abitante le profondità marine, aveva attraversato una strana città sommersa, entrando in una grotta segreta grazie al medaglione trovato sulla spiaggia, e trovandosi al cospetto con l'uomo vestito di ferro, che aveva infilato la sua spada nella roccia, e si era tolto l'elmo.

- Portava la barba e i capelli lunghi, ma... eri tu! Gli stessi lineamenti... lo stesso sguardo...

- Shhhh... era solo un sogno - sussurrò Max, accarezzandole i capelli - sei tranquilla ora?

- Si, ora che ci sei tu... - mormorò la giovane, piegando la testa e appoggiando la testa sul palmo della mano di lui. Quasi senza rendersene conto giocherellava con il ciondolo che portava al collo, la pietra di famiglia incastonata nell'anello d'oro. La sua mente ancora eccitata dal sogno creava analogie tra il medaglione che la Sirena indossava e quell'antico gioiello.

Continuando ad accarezzare i morbidi capelli di Kim, Max rifletteva. Certi particolari di quel sogno - il medaglione, la stanza segreta, la città popolata di tritoni e sirene - avevano non pochi punti in comune con le informazioni ricavate dalla lettura dei volumi nella biblioteca del castello.

- E se ci fosse davvero una stanza segreta in questo posto? - commentò, dopo averla messa al corrente delle sue ricerche - Che ne dici? Proviamo a cercarla?

- Sarebbe interessante... ma... cosa direbbe Don Melville se ci scoprisse a curiosare per tutto il castello?

Max sorrise, scendendo con la mano lungo la linea morbida della guancia di lei - Faremo attenzione a non farci sentire - affermò, mentre con la punta delle dita le accarezzava il collo - Ora sei tranquilla, Kim?

La ragazza appoggiò la testa sulla spalla di lui, chiudendo gli occhi - Si, ora sono tranquilla...

Max l'abbracciò forte, respirando il profumo dei suoi capelli, e continuando ad accarezzarla. Poggiò le labbra su quel morbido velo castano e, quasi senza accorgersene, iniziò a baciarla. Kim sollevò la testa e, sempre ad occhi chiusi, avvicinò le labbra alle sue, rispondendo a quel timido approccio.

- Sei sicuro che Don Melville non ci sentirà? - chiese sorridendo.

- Faremo piano piano... - rispose Max, ricambiando il sorriso, e iniziando a slacciarle i bottoni del pigiama di seta blu.

10/07/10

Magic Waters VIII

Magic Waters VIII Robi

La Terra del Re

Dopo il ritrovamento del medaglione, Kim e Max tornarono al castello, senza che nulla di rilevante occupasse le ore seguenti. Cenarono, scambiarono qualche chiacchiera, alle quali si unì come di consueto Don Melville, e si ritirarono per la notte. Kim disse che era molto stanca, e sarebbe filata diritta sotto le coperte. Max invece voleva continuare a studiare quei manoscritti così pieni di stupefacenti notizie storiche, che sembravano dare una luce nuova ad avvenimenti archiviati dal tempo, come la leggenda di Camelot e Re Artù.

Immergendosi nella lettura dei vecchi volumi, il suo stupore aumentava man mano che ricostruiva una storia apparentemente sconfinante nel fantastico: secondo quei documenti Camelot era un'isola dell'arcipelago prospiciente l'attuale Baja California. In un'epoca che poteva situarsi grossomodo - qui le informazioni erano vaghe - verso la fine del IV secolo dopo Cristo e l'inizio del V, un evento naturale, probabilmente un terremoto causato dallo spostamento della Faglia, la fece sprofondare nell'oceano.

Fin qui nulla di particolarmente sconvolgente, la storia del pianeta è piena di racconti catastrofici dislocati in diverse ere, passate e addirittura future. Ma da quel momento, i fatti narrati nei documenti iniziavano ad assumere connotati quasi fantascientifici. Max leggeva avidamente, e la sua formazione razionale assorbiva con scetticismo quel racconto. Ma qualcosa dentro di lui - la stessa cosa che aveva fatto della ricerca di Atlantide lo scopo della sua vita - voleva crederci.

La storia spiegava come gli abitanti di Camelot sopravvissero al cataclisma: una volta che l'isola fu nelle profondità oceaniche, un patto stretto con una figura semidivina paragonabile a quella di Poseidone, li trasformò in creature capaci di respirare nell'acqua, grazie a quella che Max poteva definire una mutazione genetica... praticamente il vecchio Nettuno aveva creato una corte di sirene e tritoni nuova di zecca! E magari era un Nettuno extraterrestre!

L'archeologo sorrise, tornando alla lettura. Ma fantascienza mitologica a parte, la cosa che più lo intrigava era la presunta esistenza di un luogo segreto che custodiva la prova della veridicità di quel racconto. Confrontando e mettendo insieme diverse informazioni, anche più recenti di quelle trovate nel primo volume, Max era giunto alla quasi certezza che quel luogo si trovasse proprio nel castello!

Inizialmente pensò di chiedere a Don Melville se fosse a conoscenza di un luogo del genere, magari nascosto in fondo a qualche passaggio segreto, o nei proverbiali sotterranei che ogni edificio di quel tipo cela. Poi però ricordò l'assoluta e sincera ignoranza dell'uomo riguardo il passato del castello, quando gli aveva parlato del manoscritto trovato in biblioteca.

Naturalmente poteva benissimo darsi che tutta quella storia fosse frutto di fantasia, e non esistesse nessuna stanza segreta. Ma la curiosità scientifica del giovane archeologo lo spingeva a continuare le ricerche. Se Schliemann avesse ritenuto il racconto di Omero semplice frutto dell'immaginazione, le rovine di Troia non sarebbero mai venute alla luce. Unico limite, il poco tempo a disposizione: nel giro di qualche giorno le strade sarebbero state di nuovo percorribili, rendendo superfluo prolungare la sua permanenza e quella di Kim al castello. Don Melville non avrebbe sicuramente obiettato, ma non sarebbe stato cortese rimanere lì per ficcare il naso. Soprattutto considerando che Kim se ne sarebbe andata per proseguire la sua vacanza, non avendo altre ragioni che la trattenessero. A parte lui, gli sarebbe piaciuto pensare... in cuor suo si augurava un prolungamento nei lavori di ripristino della rete stradale che, oltre a permettergli di verificare l'attendibilità di quelle informazioni, gli avrebbe concesso più tempo per approfondire la conoscenza con quella ragazza che l'aveva affascinato fin dal primo momento.

Con un angolo della mente occupato dal pensiero di Kim, tornò a rivolgere la sua attenzione agli antichi documenti. Lesse finché gli occhi non riuscirono più a seguire quei segni sbiaditi tracciati sulle pagine e, riuscendo a malapena a percorrere la distanza tra la biblioteca e la sua stanza, cadde in un sonno profondo non appena si fu gettato sul morbido materasso.


Quella vacanza non stava procedendo secondo i programmi, però era a suo modo interessante. Il fatto di trovarsi in un castello, e dormire in una stanza impregnata di storia - ordinaria o straordinaria che fosse - affascinava il lato fanciullesco, sognatore di Kim. Il caso le aveva poi permesso di conoscere quel giovane dalla personalità magnetica e i mille interessi, che attraeva magicamente l'attenzione a sé anche parlando di argomenti comuni.

Si rigirava nel letto, incapace di distogliere lo sguardo dal medaglione che Max aveva trovato sulla spiaggia e poi donato a lei. Il modo spontaneo con cui aveva accolto la sua richiesta, regalandole senza indugio quell'antico gioiello, probabilmente molto prezioso non solo dal punto di vista storico, aveva portato in superficie certi pensieri, emozioni, fino a quel momento rimasti in sottofondo nella sua anima. Quei pochi giorni erano bastati perché iniziasse a provare qualcosa di più che un semplice interesse intellettuale, o fisico, nei confronti del giovane. Era qualcosa che probabilmente li conteneva entrambi, insieme a tante altre cose. Non riusciva ancora a dargli un nome, ma si augurava che la loro permanenza al castello durasse abbastanza per poterlo fare. Stando a quanto dicevano i notiziari, l'opera di ripristino delle strade procedeva velocemente. Era probabile che la situazione tornasse alla normalità prima delle due settimane previste dalle stime iniziali dei danni. Se così fosse andata, sperava comunque di non perdere di vista il giovane archeologo. D'altra parte potevano sempre ritrovarsi per ragioni professionali, collaborando in qualche progetto che coinvolgesse l'Università di Max e la Star-Shaped Seashell.

Mentre questi ed altri pensieri occupavano la sua mente, la stanchezza accumulata durante il giorno, seguita immediatamente a quella specie di trance che, secondo Max, l'aveva colta sulla spiaggia - di cui non ricordava nulla, ma ne sentiva ancora gli effetti - e l'abbondante cena che Don Melville, come al solito, aveva fatto loro trovare sulla tavola, le chiudevano lentamente le palpebre. Riguardo quel mancamento improvviso Max era stato vago, asserendo, con un'espressione preoccupata, che lei aveva pronunciato frasi senza senso. Probabilmente non voleva allarmarla più del dovuto riguardo quell'episodio isolato, provocato sicuramente solo dallo stress accumulato in quei giorni.

Abbandonandosi alla piacevole sensazione del sonno che arrivava, rilassandole ogni cellula del corpo, con ancora stretto fra le dita il medaglione d'oro, Kim si addormentò profondamente nel giro di pochi minuti.

05/07/10

Magic Waters VII

mw VII

Un dono dall'oceano

Sulla scia lasciata dal Re,

il Figlio delle Generazioni,

il predestinato,

incede lungo la strada dei Padri.

Tra corridoi di sabbia,

la Clessidra

segna il tempo Futuro.


La Fortezza di quel tempo

custodito da fiere mani

ricoperte d'acciaio,

esuma il primo granello

scintillante di secoli

andati e a venire,


serbando l'alito di Vita

della Terra sotto il Mare.”

Don Melville sollevò lo sguardo dal volume, togliendosi gli occhiali e stropicciandosi le palpebre. Rifletteva sul senso di quei versi ermetici cercando di mettere a fuoco gli eventi delle ultime ore.

La scoperta del manoscritto che narrava la leggenda di Camelot da parte di Maximilian non l'aveva sorpreso, ma al contrario, rafforzava in lui quelle intuizioni che si susseguivano senza sosta fin dal momento in cui i due giovani erano arrivati al castello. Intuizioni confermate sempre di più dai messaggi criptati, ormai vecchi di secoli, custoditi nel volume che leggeva. Gli antenati continuavano a parlare, con voci polverose e segni sbiaditi sopra pagine ingiallite dal tempo.

L'uomo si alzò dalla poltrona su cui aveva passato le ultime ore, e andò verso la finestra, scoprendo le tende per far entrare la luce del giorno. I raggi del sole filtravano debolmente attraverso la cortina di nuvole che opprimeva inconsuetamente lo spazio sopra il mare. La tempesta sembrava passata, ma gli ultimi strascichi del maltempo incupivano il cielo delle quattro del pomeriggio. Don Melville abbassò gli occhi verso il sentiero che portava alla spiaggia, sorridendo soddisfatto alla vista dei suoi ospiti, che a passi svelti, si dirigevano verso il lembo di costa sabbiosa delimitante il castello a sud.


- Accidenti! Don Melville mi ucciderà quando porterò tutta questa sabbia in casa! - esclamò Kim fissando la suola con fitte e sottili scanalature delle scarpe da ginnastica, completamente riempite di terriccio umido.

- Ecco perché non tradisco mai i miei Doc Marten's! - commentò Max ridendo, mentre camminava verso il bagnasciuga.

La ragazza seduta su una delle rocce che delimitava il sentiero, si tolse le scarpe iniziando a sbattere le suole una contro l'altra, per liberarle dalla sabbia.

- Sai Max, ho fatto un sogno stranissimo poco fa, mentre dormivo in salotto... forse l'atmosfera di quel castello antico mi sta suggestionando...

- Perché togli la sabbia? Continuando a camminarci sopra si riempiranno di nuovo...

Kim tolse anche i calzini e si alzò, tenendo le scarpe in mano e incamminandosi a piedi nudi verso di lui - Le rimetto dopo, quando rientriamo. Quel sogno, ti dicevo... era inquietante... c'era una specie di guerriero medievale con tanto di armatura. E una spada gigantesca, che doveva pesare almeno una tonnellata, puntata verso di me...

- Interessante simbologia fallica! - scherzò il ragazzo scoppiando a ridere.

- Sciocco! - lo apostrofò Kim ridendo a sua volta - Simbologia fallica a parte, quel sogno mi ha un po' turbata.

- Era solo un sogno, non dargli più peso del dovuto - disse Max, mentre fissava indicando con la mano un punto a ridosso della battigia - Cos'è quella?

Si diresse a passo svelto verso il punto che aveva indicato, seguito dalla ragazza. Una volta arrivati, rimasero per qualche istante immobili, entrambi osservando qualcosa che brillava semisepolto nella sabbia. Infine Max si chinò raccogliendo l'oggetto, e rigirandoselo tra le dita mentre lo studiava.

- Non ho mai visto niente del genere... - mormorava - A prima vista sembrerebbe risalire ad almeno sette-ottocento anni fa... a giudicare dal tipo di lavorazione dell'oro e di livello di corrosione del metallo.

- E' un medaglione! - esclamò Kim allungando istintivamente la mano per prendere l'oggetto. Appena le sue dita sfiorarono la superficie brillante, si immobilizzò serrando gli occhi e sobbalzando. Le scarpe le caddero di mano rotolando sulla sabbia.

- Kim! Che ti succede? Stai bene? - chiese preoccupato l'archeologo afferrando la ragazza per le spalle e scuotendola. Lei continuava a sobbalzare con gli occhi chiusi, come fosse in una specie di trance.

- Aprite i cancelli, liberate la gente nella Torre di Smeraldo... Chiamate mio Padre... è nella Grotta di Fuoco... Voglio respirare l'aria riscaldata dal sole sulle onde... - continuò a mormorare frasi sconnesse per quelli che a Max sembrarono istanti infiniti, poi finalmente Kim aprì gli occhi fissandolo confusa.

- Che ti è successo? Stai bene? - chiese ancora ansiosamente il giovane archeologo, preoccupato.

- S-si... sto bene... perché me lo chiedi?

Max la fissò interrogativo - Dicevi frasi senza senso, sembravi in un altro pianeta!

- Io!? Ma che dici? Ascoltavo quello che dicevo riguardo quell'oggetto... - abbassò lo sguardo e vide che serrava ancora tra le dita il medaglione - Ma... ce l'ho io?

- Non ti ricordi di avermelo praticamente strappato di mano, prima di iniziare a farneticare come una pazza?

Kim continuava a fissare confusa il medaglione - No... non ricordo... è molto bello... - sollevò lo sguardo verso il mare, poi guardò Max. Gli occhi della ragazza brillavano di riflessi verdi scintillanti, sembrava avesse uno sguardo differente - Posso tenerlo? - chiese.

Max l'ammirava come ipnotizzato, in quel momento non pensava più alla scena a cui aveva assistito pochi minuti prima, era perso nel verde di quello sguardo nuovo, come nuotasse in correnti sottomarine che lo trascinavano dolcemente, e alle quali era incapace di resistere - Certo - disse - consideralo un dono da parte mia... e dell'oceano.

Si voltò anche lui verso il mare, fissando l'orizzonte.

30/06/10

Magic Waters VI

Rivelazioni

Magic Waters 6 Robi DEF

Continuarono a leggere e commentare le scoperte che uscivano copiose da quel vecchio manoscritto. A quanto affermavano gli antichissimi documenti, Camelot era il nome di un'isola prospiciente il tratto di costa in cui si trovava il castello. Il fatto che, affacciandosi alle molte finestre che davano sull'oceano, non si notasse traccia di terra sorgente dalle acque, né la sua presenza fosse segnata in alcuna mappa, lasciava supporre che quell'isola fosse sprofondata negli abissi in ere precolombiane, magari a causa di qualche maremoto, oppure un movimento della tettonica, particolarmente instabile lungo tutta la costiera ovest dell'America. Sempre che la storia narrata nel libro non fosse frutto di fantasia. Il particolare misterioso era che ai tempi della compilazione di quel manoscritto che ne descriveva precisamente i luoghi, l'America non era ancora stata scoperta, e la leggenda di Camelot è notoriamente un mito del Vecchio Mondo.

- Accidenti, è tardissimo! - esclamò improvvisamente Kim, guardando la pendola posta al lato della porta, le cui lancette avevano abbondantemente superato l'ora di pranzo – Siamo rimasti qui dentro per ore. Don Melville ci starà cercando...

- Hai ragione. Dobbiamo andare. Ma qui dentro ci tornerò spesso finché rimarremo qui...

Ripercorsero il corridoio verso il salone, dove trovarono il padrone di casa, comodamente seduto su una poltrona, che leggeva il giornale.

- Salve, miei giovani amici - li salutò col suo consueto sorriso cordiale - Temevo vi foste persi. Questo castello è un labirinto.

Max si grattò la testa – Ci scusi... in effetti qualcosa abbiamo perso, la cognizione del tempo! Abbiamo trovato quella magnifica biblioteca e...

- Capisco – lo interruppe Don Melville – un luogo del genere è una preda troppo ghiotta per uno studioso come lei. E' una delle biblioteche private più antiche del Mondo. Ci sono volumi raccolti nei secoli e custoditi dalla mia famiglia, che come avrete capito proviene dalla Spagna. A dire il vero, penso di averne letta solo una minima parte, di quei libri, il che è alquanto sconveniente, visti gli anni che ho trascorso in questo castello... la consideri a sua completa disposizione, mio giovane amico, forse ne saprà fare, in questi pochi giorni, miglior uso di quanto abbia fatto io.

- Ho trovato un antico manoscritto molto interessante... parla di Camelot, ma non quella di Re Artù. C'è scritto che Camelot era un'isola, e un'isola che si trovava proprio da queste parti...

Don Melville lo fissò incuriosito – Camelot? Interessante. Non ho letto quel manoscritto, ma come le dicevo, la biblioteca è sicuramente piena di informazioni che uno studioso come lei potrà mettere a frutto.

Continuarono a conversare per qualche minuto, poi si diressero in sala da pranzo, per consumare l'abbondante pasto che il Don aveva già predisposto per loro.

Una volta terminato, Max espresse la volontà di tornare a studiare i volumi della biblioteca. Kim, che era ancora provata dall'avventura con l'uragano del giorno precedente, preferì rimanere nel salone, a riposare davanti all'accogliente fuoco che danzava come sempre nel camino. Don Melville si congedò, tornando alle sue occupazioni quotidiane.

La ragazza, non appena rimase sola, si distese sul divano, stiracchiandosi pigramente. Il tepore del fuoco la induceva a rilassare corpo e mente, e prima che se ne accorgesse, cadde in un sonno profondo.


Camminava a piedi nudi lungo un corridoio del castello, fiocamente illuminato da torce poste a intervalli regolari sulle pareti. Fra di esse erano appesi quadri che ritraevano personaggi di diverse epoche, dall'aria importante, apparentemente nobili, se non addirittura re, almeno a giudicare dai paramenti che indossavano e gli accessori: gioielli, diademi, corone, spade... la cosa che la colpiva era la somiglianza fra tutti quei volti, come se appartenessero ad una stessa linea di sangue. Inoltre le parevano stranamente familiari. Finché capì perché: l'ultimo ritratto, il cui soggetto apparteneva al presente, era Max!

Un rumore improvviso alle sue spalle la scosse, qualcosa di metallico che si muoveva sul pavimento. Si voltò lentamente, col cuore che batteva impazzito, e i capelli che le si rizzavano alla base della nuca. Era pronta a qualunque cosa, ma non alla visione che le si presentò davanti agli occhi: un uomo in armatura, col viso celato dalla pesante visiera, scintillante di bagliori rossastri alla luce delle torce, che impugnava un'enorme spada, si stava avvicinando a lei.

Kim provò ad urlare, ma nessun suono le uscì dalle labbra. La sinistra apparizione si fermò, fronteggiandola. Lentamente sollevò la spada, puntandola contro di lei. Era a pochi centimetri dal suo volto, la ragazza riusciva quasi a percepirne il filo tagliente e gelido. Non poteva muoversi, e già sentiva quella lama lacerarle carne e muscoli. Ma la spada non si spostava.

Poi, con un movimento lento, ma costante, l'uomo in armatura girò il braccio, allontanando la punta della spada dal viso di Kim, dirigendola verso un corridoio alla destra di lei. Pareva volesse indicare qualcosa, e la ragazza si voltò in quella direzione, finché...


- Kim! Kim! Dove sei?

Max era entrato nel salone scendendo dalla scala a destra, e la vista del divano era coperta dal grande tavolo posto al centro della stanza.

Quando ebbe mosso pochi passi, notò una testa che spuntava tentennante da dietro la spalliera. Era Kim, che lo fissava con uno sguardo stordito e sorpreso, gli occhi semichiusi.

- Stavi dormendo? Accidenti, mi dispiace averti svegliata...

- Non fa niente... facevo un sogno stranissimo... non ricordo bene i particolari, ma mi pare ci fossi anche tu...

Max sorrise, mettendosi a sedere sul bracciolo del divano – Mi hai sognato? Spero di essermi comportato bene. Anch'io credo di averti sognata stanotte...

- Quale onore! - disse la ragazza ridacchiando - E nel tuo sogno ti sei comportato bene?

Max alzò le spalle, con un'espressione volutamente minimizzante – Insomma... comunque ti cercavo per dirti delle mie ultime sconvolgenti scoperte – continuò con tono enfatico - Ho finito di leggere quel manoscritto e... a quanto pare si tratta proprio di quella Camelot. Cioè, il Regno di Camelot, quello che poi sarebbe stato di Artù, iniziò proprio su quell'isola... qui in Messico... di più! Sembra che sia sempre rimasto qui.

- Quindi il mitico Re Artù invece della corona portava il sombrero? - commentò Kim con una risata.

25/06/10

Magic Waters V

Magic waters 5 Robi

Visita con sorpresa

Nuotava seguendo la calda corrente sottomarina già da diversi minuti, assaporando l'ossigeno che le entrava in forma liquida nei polmoni. Stava bene, si sentiva libera, un senso di completo abbandono come mai aveva provato in vita sua. Branchi di piccoli pesci argentati le danzavano intorno, quasi a salutarla. Nessun suono disturbava quella pace assoluta, nessun suono... tranne...

Driiin! Driiin! Driiin!

Kim allungò la mano, e spense la sveglia che fastidiosamente l'aveva riportata alla realtà. Aprì gli occhi e con fatica cercò di mettere a fuoco la scena. Era ancora immersa in quel sogno così realistico, che desiderò per un attimo essere davvero una creatura del mare. La stanza era al buio. Guardò il display luminoso: le 8.30. Come poteva essere ancora notte?

Si alzò stiracchiandosi e andò alla finestra, scostando le tende. Fuori era se possibile ancora più cupo che nella stanza. Il cielo coperto da neri nuvoloni, una pioggia scrosciante che non permetteva di vedere oltre pochi metri. La tempesta continuava.

Uscendo dalla camera, dopo essersi preparata per proseguire il viaggio, incrociò nel corridoio il giovane archeologo. Anche lui vestito di tutto punto per la partenza, e con l'aria di chi si è appena svegliato. Max le lanciò un'occhiata particolarmente attenta, dandole il buongiorno.

Scendendo lo scalone videro Don Melville che li stava aspettando, a braccia conserte e lisciandosi il pizzetto bianco.

- Buongiorno, miei giovani amici. Vedo che siete pronti, ma temo non andrete da nessuna parte.

I due ragazzi si fermarono sulla scala, con un'espressione interrogativa in viso.

- La tempesta – continuò l'uomo – andrà avanti così per diversi giorni. L'ha detto la radio. E per di più la pioggia che non cessa da ieri ha reso inagibili tutte le strade. Credo dovrete sopportare la mia ospitalità ancora per qualche tempo – concluse sorridendo.

Max riprese a scendere, seguito da Kim – Accidenti! Questo non ci voleva, rovina la mia tabella di marcia!

- E la mia vacanza – aggiunse la ragazza, con un gesto infastidito – Ma per quanto andrà avanti di preciso?

Don Melville alzò le spalle – Almeno un paio di settimane, così hanno detto i notiziari. Sarà comunque mia cura rendere la vostra permanenza la più confortevole possibile. Vi ho già preparato la colazione. Dopo, se volete, potrete visitare il castello, è un posto molto interessante, pieno di angoli affascinanti. Vi lascio da soli, miei giovani amici, devo sbrigare delle faccende. Considerate la mia casa come vostra.

E con un saluto cordiale, si girò e sparì in uno di quegli angoli che aveva appena descritto.


La colazione era stata abbondante e gustosa, riuscendo in parte a lenire la frustrazione per la forzata, se pur interessante, permanenza nel castello.

Kim e Max stavano camminando lungo i corridoi, commentando la situazione che li vedeva compagni d'avventura, e raccontandosi particolari più accurati delle loro vite, per conoscersi meglio. Sembravano a loro agio insieme, e il feeling cresceva istante dopo istante, legandoli in qualche modo l'uno all'altra.

Imboccarono un corridoio a sinistra, che terminava di fronte a una porta massiccia in legno brunito.

- Secondo te cosa c'è lì dietro? - chiese Kim, ridendo e indicando le pesanti ante scure.

- Una stanza delle torture – rispose l'archeologo, con un ghigno satanico.

- No – disse Kim, tornando seria – Questo castello ha solo buone vibrazioni... impossibile vi sia qualcosa che ha a che fare con morte, dolore, violenza...

- Max le cinse le spalle con un braccio – Ma io scherzavo, infatti... andiamo a vedere, a questo punto sono curioso.

Avanzarono verso la porta e l'aprirono. Le ante si mossero quasi da sole, lasciando allo sguardo ammirato dei giovani la più grande biblioteca privata avessero mai visto. Una sala di circa cento metri quadrati interamente occupata da scaffali stracolmi di volumi, alti fino ai cinque metri di soffitto.

- Accidenti... - mormorò Max, muovendo i primi, emozionati passi nella sala – quanti libri ci saranno qui dentro?

- Non ne ho idea... – disse Kim sottovoce – ma questa stanza da sola potrebbe essere quotata in borsa! Quei libri sembrano tutti molto antichi e di valore...

- Max si aggirava per la stanza, fissando le file di libri, studiandone i titoli, sfiorando le rilegature preziose con la punta delle dita – Si, infatti... guarda qui! - esclamò, fermandosi e afferrando un volume sottile ma di grandi dimensioni.

Iniziò a sfogliarlo con trepidazione, mentre sul suo volto le espressioni si susseguivano a ritmo concitato – Non è possibile! Questo manoscritto risale ai primi secoli dopo Cristo... è in latino, una strana forma di latino, quasi anglicizzato... mai letto niente di simile...

Kim seguiva affascinata i movimenti del compagno, cercando di decifrare quelli che per lei erano solo strani segni sbiaditi, vergati a mano su vecchi fogli ingialliti dal tempo.

- Da quel poco che ci capisco – continuava Max, leggendo il manoscritto – mi pare racconti la storia di un'isola... un'isola nel Pacifico. Ecco, qui ne dice il nome – esclamò improvvisamente, puntando il dito su una riga – e... il nome è... Camelot!

I due giovani si fissarono per lunghi istanti, mentre il silenzio nella biblioteca sembrava avvolgerli in uno spesso manto.

20/06/10

Magic Waters IV

Magic Waters 4 Robi

Fuochi soffusi

- Accidenti! E ora?

- E' andata via la luce... dev'essere stato quel fulmine – commentò Kim, guardando verso la finestra – anche la strada non è illuminata, i lampioncini nel cortile sono tutti spenti... probabilmente c'è un danno alla linea elettrica di tutta la zona, forse un sovraccarico.

- Speriamo che il black-out non duri tanto... - disse Max, fissando anche lui il rettangolo scuro della finestra. Le fiamme guizzanti nel camino pennellavano di riflessi ambrati il viso del giovane.

Kim lo ammirava quasi ipnotizzata dalla suggestione di quell'atmosfera particolare - Meno male che il fuoco non è soggetto a interruzioni di corrente – disse infine sorridendo, e volgendo lo sguardo verso il camino – altrimenti non riusciremmo nemmeno a vederci...

- E sarebbe proprio un peccato – aggiunse l'archeologo, scrutando ancora una volta la figura slanciata ed elegante della sua interlocutrice.

Kim glissò su quel commento, facendo finta di non averlo sentito. Si tirò indietro col busto, appoggiando le mani sul tappeto dove si erano comodamente sistemati dopo l'uscita di Don Melville. La luce calda danzava sul suo corpo, mettendone in risalto le forme, sotto lo sguardo ammirato e indagatore di Max.

- Sembrerà un luogo comune in questi casi, ma... io sono sicuro di averti già vista da qualche parte.

Kim lo fissò sorpresa – Stavo pensando anch'io la stessa cosa! Sarà questa luce soffusa, ma il tuo volto non mi è nuovo. Sei mai stato a San Francisco?

- No, mai – rispose il giovane archeologo, armeggiando con l'attizzatoio sui ciocchi scoppiettanti per ravvivare il fuoco – in California sono stato solo a Los Angeles, e fra l'altro proprio recentemente, per una tappa di riposo dopo aver compiuto ricerche in Arizona, e prima di scendere quaggiù in Messico... sono rimasto per tutto l'ultimo week-end, c'era un locale a Glendale dove si mangiava benissimo!

- L'Ocean Pie! - esclamò Kim strabuzzando gli occhi – Ecco dove ti ho visto! Eri quel tipo che occupava sempre il tavolo d'angolo vicino al juke-box, con un librone davanti e lo sguardo concentrato...

Max spalancò a sua volta gli occhi, mentre un sorriso divertito gli illuminava il volto – E tu eri quella ragazza che stava sempre al bancone a parlare coi proprietari. Impossibile non notarti.

La vivace luce del camino nascose il rossore che colorò le guance di Kim a quel complimento – Impossibile non notarmi? Mica avevo un mantello rosso come Supergirl e i sonaglini alle caviglie! - esclamò con un risolino imbarazzato – Il proprietario dell'Ocean Pie è il marito di mia cugina, e mi sono fermata una settimana presso di loro scendendo da Frisco - aggiunse subito dopo, anche per cambiare discorso.

- Il tuo è un viaggio di piacere? Oppure sei venuta in Messico per lavoro? Stasera hai accennato a qualcosa che ha a che fare con la salvaguardia dell'oceano e le specie marine, giusto?

- Sono in vacanza – rispose Kim – ma comunque si, lavoro per un'organizzazione che si occupa proprio di quelle cose... la Star-Shaped Seashell...

- La conosco! - la interruppe l'archeologo – Anzi, ho anche collaborato con voi in un paio di occasioni... più che io, il mio Dipartimento, per essere precisi. Il capo è sempre Gracelyn Greene?

Kim sorrise – Si. E proprio lei mi ha praticamente costretta a prendermi un mese di vacanza, dopo che abbiamo risolto un caso particolarmente impegnativo al largo delle coste australiane.

- Interessante... deve essere un lavoro molto difficile, ma che dà soddisfazioni...

- Non sai quanto... entrambe le cose – rispose lei, allungando le braccia sopra la testa e stiracchiandosi, mentre sbadigliava. Quel movimento sollevò il seno, premendolo contro la stoffa leggera del vestito, e mettendone in risalto la forma perfetta, che non sfuggì all'attenzione del maschio dimorante dentro l'archeologo.

- Sei stanca? Andiamo a letto? - le chiese.

- In effetti, si, è stata una giornata pesante, una bella dormita è quello che ci vuole – rispose Kim, con un altro sbadiglio – per quanto piacevole sarebbe rimanere a conversare con te – aggiunse con un timido sorriso.

Max si alzò in piedi, porgendole la mano – Prego, Milady.

- Grazie Milord – disse lei, ridendo e prendendo quella mano – vedo che le care buone maniere del vecchio Continente non sono state rimosse da anni di convivenza con noi selvaggi del Nuovo Mondo!

- Buon sangue non mente! - rispose lui, accompagnandola mano nella mano fuori dalla sala, e dirigendosi verso lo scalone che portava alle camere.

15/06/10

Magic Waters III

Magic Waters 3 Robi

La prima sera

- Ci sarà qualcosa della mia taglia... e non confezionato nel Diciassettesimo secolo, qui dentro? - si chiese Kim, mentre apriva le porte della cabina, anzi stanza armadio, posta sulla parete nord della camera.

Con sollievo scoprì che i capi di abbigliamento conservati lì dentro, non solo erano attuali e di gran classe, ma provandone alcuni, le calzavano a pennello.

Dopo un'accurata scelta, e rimirandosi più volte nello specchio, scelse un abitino nero al ginocchio, con le maniche lunghe. Elegante e seducente, in quanto la già generosa scollatura era messa ancor più in risalto da laccetti legati sotto al seno. Completava l'abbigliamento un paio di sandali in tinta, col tacco non molto alto e cinghie strette intorno alla caviglia, decorati con strasse.

Scendendo lungo la scala che portava al salone d'ingresso, notò con una punta di compiacimento lo sguardo ammirato che Max le lanciò, interrompendo per un attimo la conversazione in atto con Don Melville. I due uomini la stavano aspettando, e una volta giunta in fondo allo scalone, il padrone di casa fece loro strada verso la sala da pranzo.


- Atlantide mi ha sempre affascinato, fin da quando ero piccolo. Ho scelto di fare l'archeologo praticamente per ritrovarne i resti – Max, come sempre, quando parlava della sua passione principale, usava un tono eccitato ed entusiasta.

- Ma Atlantide non è una leggenda? - lo interruppe Kim – Io lavoro per un'organizzazione che studia mari e oceani in tutto il mondo, eppure non abbiamo mai rilevato tracce e testimonianze della sua esistenza.

Don Melville seguiva con interesse la conversazione fra i due giovani, intervenendo di tanto in tanto per domandare se le portate fossero di loro gusto, e l'ospitalità del castello di loro gradimento. Gli ospiti lo rassicuravano, dichiarando ripetutamente come nemmeno in un Grand Hotel potessero desiderare un trattamento migliore.

- Chi cerca trova – affermò Max – Sicuramente voi siete più concentrati nel salvare specie marine a rischio, e i mari dall'inquinamento, che a cercare reperti archeologici sommersi.

- Che cosa l'ha portata in Messico, mio giovane amico? - chiese Don Melville, con un tono che poteva sembrare indagatorio, ma che i due ospiti non notarono.

- Sto seguendo le indicazioni di certi documenti di cui la mia Università è venuta in possesso.

- Ma come? - esclamò Kim, interessata - Atlantide sarebbe sprofondata nell'Oceano Pacifico, quindi? Non era quello Atlantico, visto anche il nome?

Don Melville concentrò ancora di più la sua attenzione sulla risposta che Max avrebbe dato.

- Il mito la pone nell'Atlantico, infatti – spiegò il giovane archeologo – ma anni di studi, e una notevole quantità di documenti che ho raccolto parrebbero non suffragare questa ipotesi. D'altra parte c'è anche chi teorizza il Continente Scomparso sia sotto le sabbie del Sahara, avete letto il romanzo, no? Gli studi più recenti hanno portato a escludere le altre ipotesi, e le mie ricerche personali lasciano supporre Atlantide sia da qualche parte nell'Oceano Pacifico, in un'area prossima a Baja California.

- Interessante... – commentò Kim, aggiustandosi una ciocca di capelli che le era scivolata sulla fronte. Max seguì quel movimento con uno sguardo affascinato. Quella ragazza aveva un non so che di misteriosamente sensuale. Una sorta di magnetismo che riusciva ad alzargli il livello di testosterone anche solo con un gesto della mano come quello appena compiuto.

- Scusatemi, miei giovani ospiti – disse Don Melville sorridendo, e alzandosi – vi lascio alle vostre conversazioni. Rimanete pure quanto volete, il camino vi terrà compagnia restando acceso tutta la notte. Io sento il bisogno di ritirarmi, purtroppo l'età ha le sue esigenze - concluse sorridendo, e accarezzando la barba candida, per rafforzare la sua affermazione.

Max e Kim si alzarono a loro volta, salutando il padrone di casa e dandogli la buonanotte.

- E ora dimmi qualcosa di te... - fu l'ultima frase che Don Melville udì pronunciata da Max, mentre usciva dalla sala.


La luce ambrata di una lampada illuminava debolmente lo scrittoio della camera da letto del distinto signore messicano. Don Melville, già in abbigliamento da notte, con un'elegante vestaglia di seta, era chino su un lato del mobile, e armeggiava con una serratura nascosta sotto il piano. Aprì uno scomparto segreto, e ne estrasse un piccolo libro rilegato in cuoio dall'aspetto antico. Poggiatolo sullo scrittoio, lo aprì ad una pagina indicata da un segnalibro d'argento, circa a metà del volume.

- Arcani sentieri tra Vie d'Uragano,

percorsi da Naviganti in Mari diversi,

si uniscono nella Strada del Re,

tra fiumi di scintille dorate

alla ricerca del Ritorno del Tempo... - mormorava il Don rileggendo il testo che studiava attentamente. Sollevò lo sguardo, seguendo una scia di pensieri – Che siano...

La frase fu interrotta a metà dall'intenso bagliore improvviso di un fulmine, a cui seguì il buio totale.

 

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