21/08/09

White Sands-Il Grido delle Onde

Capitolo I

I.
La Spiaggia

Il tempo passava, portandosi via l'Inverno, ed io, ormai avevo fatto di questo posto la stanza dei miei desideri più profondi.
Non abitavo molto distante dalla Spiaggia, ma da casa mia il rumore del Mare che si increspa soffiato dal Vento non si sentiva, e la maggior parte della giornata la passavo rannicchiata sullo scoglio più vicino all'oceano, o passeggiando sulla battigia inebriandomi di quei suoni e quei profumi che solo le Onde sanno donare.
Era un giorno di quasi primavera, quando una macchina arrivò sulla Spiaggia... la cosa mi lasciò abbastanza perplessa... come aveva fatto a trovarla? White Sands è praticamente sconosciuta!
Sul tettuccio azzurro c'era una tavola da Surf color argento, che l'Uomo piazzò sulla sabbia non appena scese dalla macchina.
Sistemò una tenda sui bianchi granelli caldi del primo pomeriggio, si sfilò la maglia, e non perse tempo a lanciarsi in acqua insieme all'asse di legno.
Era un eccellente surfer, e guardarlo cavalcare le onde riusciva stranamente a distogliermi dal limbo dei miei pensieri.
Lui non mi vide, e io non feci niente per farmi notare, ma ero incuriosita... tanto da decidere di tornare in Spiaggia la sera stessa, sul tardi, quando lui dormiva, per dare occhiata discreta evitando eventuali domande o qualsiasi altro tipo di confronto col surfer reo di aver invaso la mia solitudine.

Ho le mie spiagge preferite, quelle in cui, periodicamente, torno, nel mio endless tour, iniziato quando mollai tutto per seguire la Marea, intorno a questo globo, tutto sommato molto piccolo. Ma non sono uno 'stanziale' e, inutile dirlo, le sabbie che scopro per la prima volta, dietro una collina, o percorrendo una litoranea assolata, sono quelle verso cui punta la mia ricerca dell'Onda Perfetta.
Mi fermo, pianto la tenda rossa, rimango quel tanto che basta per segnarla nella mia agenda di luoghi in cui tornare periodicamente, o non tornare affatto, e proseguo, rimettendo la tavola al suo posto, ben lubrificata, sul tettuccio della mia casa mobile, la vecchia Cindy, che non mi ha mai lasciato a piedi, in tutti questi anni. Ricordo quando, tanto tempo fa, nel dubbio se comprare un nuovo portachiavi, o avere una sola chiave in tasca, scelsi di tenere quella che accendeva Cindy, l'unica davvero indispensabile. L'unicità di vivere sempre in movimento, per uno come me, deriva dal poter ritrovare, dietro ogni curva, il Mare. Quel Mare che, nel susseguirsi infinito delle onde, ha lo stesso movimento, quel Mare che custodisce segreti e sinfonie, la cui Voce è la più pura abbia mai ascoltato, anche quando, rombando sotto la superficie di giganti alti sei metri, pare minacciare il Cielo. In realtà è il modo in cui il Mare alza le sue note di cristallo, per cantargli una ninnananna.
La spiaggia in cui sono capitato, stamattina, è fra le più belle abbia mai visto: una lunga distesa bianca di sabbia sottile, una baia chiusa ai lati da una bassa scogliera semicircolare, che arriva a una ventina di metri dalla battigia, creando un'insenatura in cui le onde, soffiate a riva dal vento, iniziano a ingrossarsi quasi senza preavviso, sollevandosi per discrete altezze -alcune anche fino a due, tre metri. Penso possa diventare uno di quei luoghi da annotare, sulla mia agenda.
Ho trascorso il primo giorno saggiando la velocità e la consistenza di quelle onde, con il Sole che pigramente compiva il suo cammino in direzione tramonto; i gabbiani curiosi mi osservavano compiere le mie evoluzioni sulla tavola, a volte volando sopra di me, in cerchi divertiti, lanciando i loro richiami simili a risate senza malizia.
Quando è giunta la sera, ero abbastanza stanco per concedermi qualche istante di riflessioni sul senso della notte, prima di rinchiudermi nella tenda, per un sei-sette ore di meritato sonno. Seduto sulla sabbia, con la schiena appoggiata alla mia tavola, a sua volta solidamente sostenuta dalla fiancata di Cindy, sono rimasto una ventina di minuti immerso nei miei pensieri, ascoltando la Voce d'Argento delle onde, prima di vedere una luce proveniente da dietro il braccio della scogliera alla mia destra.
E' una luce che va e viene, intermittente, ma senza una precisa direzione, né regola nel suo apparire e scomparire. Una torcia elettrica, penso. Forse è una spiaggia privata, questa, anche se, per tutto il giorno, non ho visto nessuno. Può comunque essere un guardiano notturno, o un pescatore. Mi alzo e vado incontro alla luce.
Quando sono abbastanza vicino mi accorgo che c'è una donna -una ragazza, decido, dopo un'occhiata più attenta- che, spuntando da dietro le basse rocce, cammina lungo la battigia, esplorando con la torcia elettrica la sabbia davanti a sé.

Il Vento, quando si alza dal Mare inquieto, porta con sé il profumo di uragani dorati...”


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